lunedì 8 febbraio 2010

Ultima spallata alla legge 40 (6 febbraio 2010)

Dopo la clamorosa sentenza della Corte Costituzionale, che ha cancellato alcuni dei divieti più severi della legge 40, dall'obbligo di impianto degli embrioni al loro congelamento, alla diagnosi genetica, adesso lo stesso gruppo di medici, associazioni e avvocati, insieme alle coppie, si prepara a dimostrare l'incostituzionalità dell'articolo più difficile e più controverso, quello sulla fecondazione eterologa, il numero 4 della legge. In cinque anni i divieti imposti da questa legge hanno obbligato quasi 50mila coppie ad emigrare in cerca di un figlio, con un business che ha portato milioni di euro nelle cliniche di tutta Europa.

In Italia vige infatti il divieto totale di fecondazione eterologa.

Ma alla fine di marzo l'avvocato Maria Paola Costantini, già autrice dei ricorsi che hanno portato alla clamorosa sentenza dell'aprile 2009, presenterà in 10 tribunali i ricorsi di un gruppo di coppie affette da diverse patologie, che chiedono di poter effettuare questi tipo di fecondazione, unica speranza per alcune forme di sterilità, di malattie genetiche ed ereditarie.
Spiega Maria Paola Costantini "Per quanto riguarda l'incostituzionalità le norme sulla fecondazione eterologa sono in contraddizione con l'articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza tra coppie infertili, che possono produrre gameti, e sono ammesse alle cure, e quelle con una infertilità più grave, ma che paradossalmente sono escluse dalle terapie, proprio perché non hanno gameti... La legge viola poi anche il principio di "ragionevolezza" perché impone un divieto assoluto, invece di regolamentare il fenomeno". "Se poi pensiamo che la legge 40 - conclude Costantini - disciplina le eventuali conseguenze di una fecondazione eterologa, vietando il disconoscimento di paternità, è evidente che il legislatore ha messo in conto il turismo procreativo, ossia un intervento fatto all'estero. Un vero paradosso.

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