giovedì 27 maggio 2010

Morfologia di gameti ed embrioni ed età femminile

1. Il caso: E’ noto che l’età femminile sia uno dei principali fattori che influenza il successo delle tecniche di Fecondazione Assistita. L’età cronologica non sempre si correla con l’età biologica.
2. Lo studio: E’ uno studio retrospettivo pubblicato su RBM Online e condotto su quasi 5000 coppie sottoposte al loro primo ciclo di Fecondazione Assistita.
3. Quesito dello studio: Lo studio si propone di determinare se le normali classificazioni morfologiche che vengono fatte in laboratorio per i gameti e gli embrioni riflettono l’impatto che l’età femminile ha sulla qualità degli stessi.
4. Metodi: Patient(s): 4587 coppie subfertili sottoposte al primo ciclo di Fecondazione Assistita. Intervention(s): indagine su 43000 ovociti e 27000 embrioni. Comparison(s): lo studio valuta il recupero ovocitario, la maturità ovocitaria, l’aspetto morfologico di ovociti ed embrioni, il tasso di fertilizzazione, impianto, gravidanza e nascita ed il tasso di aborti. Outcome(s): l’azione che l’età femminile esercita sui parametri sotto indagine.
5. Risultati: l’età avanzata femminile risulta essere associata a:
a) Minor recupero ovocitario;
b) Minor numero di embrioni adatti alla crioconservazione;
c) Ridotti tassi di gravidanza, impianto e nascite;
d) Aumentati tassi di aborti.
NON si osserva invece una correlazione tra l’età femminile e:
a) Tasso di fertilizzazione;
b) Qualità morfologica ovocitaria ed embrionaria.
6. Conclusioni: I normali criteri di classificazione morfologica degli ovociti e degli embrioni nei laboratori di Fecondazione Assistita non sono influenzati dall’età femminile. Questo dato sottolinea ancora una volta che la qualità morfologica dei gameti e degli embrioni non evidenzia la loro capacità di impianto e gravidanza.

Modulazione dell’azione chemio-attraente spermatica del progesterone da parte della proteina CBG.

1. Il caso: il progesterone è il principale ormone steroideo secreto dalle cellule del cumulo che circondano l’ovocita. Esso forma un graduale gradiente, che va dal centro verso la periferia cellulare, coinvolto nell’attrazione degli spermatozoi verso il sito di fecondazione.
Anche se è stata caratterizzata la risposta chemio-tattica degli spermatozoi verso il progesterone libero, esso nell’organismo è trasportato da una proteina, globulina che lega i corticosteroidi (CBG), anch’essa sintetizzata dalle cellule del cumulo.
2. Lo studio: è uno studio sperimentale “in vitro”, multicentrico e condotto in ambiente accademico.È stato pubblicato su Fertility and Sterility.
3. Quesito dello studio: lo studio si propone di valutare se anche la proteina CBG partecipa alla risposta chemio -attrattiva spermatica.
4. Metodi: è stato fatto una saggio chemio- tattico con spermatozoi prima capacitati e poi esposti a progesterone, CBG, o una soluzione di CBG+P. L’esperimento è stato fatto in una camera di chemiotassi che consiste di due pozzetti separati da una parete di 2 mm, uno contenente terreno con o senza attraenti e l’atro con gli spermatozoi. Una volta coperta la camera con il copri- oggetto, tra i due pozzetti e la parete di separazione si forma una sorta di passaggio per gli spermatozoi che si muovono secondo il gradiente attrattivo. Dopo quindici minuti si valuta la percentuale degli spermatozoi chemio-attratti.
5. Risultati: quando gli spermatozoi capacitati sono esposti a un gradiente di progesterone , è osservata una significativa chemiotassi. Quando si valuta il potenziale chemiotattico di solo CBG, non è osservata attività chemio-tattica. Mentre c’è una significativa risposta chemio- tattica quando gli spermatozoi umani sono esposti a una soluzione di CBG+P.
6. Conclusioni: si potrebbe ipotizzare un modello a due-step per la chemiotassi spermatica verso il sito di fecondazione. A concentrazioni basse, interverrebbe solo il progesterone libero, si legherebbe ai recettori, presenti sugli spermatozoi, aiutandoli a trovare il complesso cumulo-ovocita. A più alte concentrazioni, comparirebbe il gradiente generato da CBG + progesterone, che guiderebbe gli spermatozoi attraverso la massa del cumulo per avvicinarli alla superficie dell’ovocita.

Conoscenza della fertilità in giovane donne con cancro al seno

Il caso: giovani donne diagnosticate per il cancro al seno devono prendere importanti decisioni riguardanti le terapie del cancro, la conservazione della fertilità e sulle tecnologie di riproduzione assistita in breve tempo. Sfortunatamente molte di queste giovani donne dichiarano di non ricevere molte informazioni sugli effetti delle terapie sulla fertilità.
Quesito dello studio: lo scopo di questo studio, pubblicato su Fertility and Sterility, è di determinare le conoscenze di giovani donne che hanno terminato terapie per il cancro al seno o che devono cominciare il trattamento sugli effetti delle terapie sulla fertilità e preservazione della stessa.
Metodi: è stato sottoposto un questionario su n=106 donne provenienti da 8 paesi (Australia, Canada, India, Sud Africa, Stati Uniti, Regno Unito, Taiwan e Olanda ) con età fra il 25 e i 45 anni. L’ 88,1 % delle donne avevano una buona educazione e conoscenza di internet. Il 38,3% stavano in corso di trattamento mentre il 47,7% l’avevano completato. Sono stati raccolti dati anche riguardo alle varie terapie alle quali erano sottoposte. Il questionario prevede la conoscenza sul sistema riproduttivo femminile, sulla fertilità in generale, sulla infertilità collegata al trattamento per il cancro e sulla preservazione della fertilità.
Risultati:molte di queste donne risultarono avere poche conoscenze su questi argomenti. La maggior parte avevano informazioni molto limitate sugli effetti del cancro al seno, della chemioterapia, della terapia ormonale e della radioterapia sulla fertilità. Atre mostravano poca conoscenza sulle tecnologie di riproduzione assistita. Le partecipanti che erano ignare della preservazione della fertilità, non sapevano se la funzione ovarica era compromessa.
Conclusioni: le donne oggetto di questo studio hanno limitate conoscenze sull’argomento nonostante abbiano una buona educazione, buone entrate familiari e accesso ad internet.
Senza queste informazioni le giovani donne con il cancro al seno non sono capaci di esplorare tutte le opzioni di trattamento e di partecipare alle decisioni.

giovedì 20 maggio 2010

L’espressione genica degli ovociti maturi in relazione all’età.

1. Caso : la capacità riproduttiva delle donne diminuisce con l’avanzare dell’età, non solo perché si riduce la riserva ovarica ossia il numero di follicoli ma anche perché diminuisce la qualità ovocitaria.
2. Lo studio : è stato pubblicato sull’ importante rivista Hum Reprod e condotto in un centro ospedialiero universitario della Danimarca. È uno studio sperimentale “in vitro”.
3. Quesito dello studio: determinare l’effetto dell’età sull’espressione genica ovocitaria.
4. Metodi: patients: sono state reclutate pazienti che si sono rivolte a IVF/ICSI e suddivise in due gruppi , il gruppo più giovane con donne di meno 36 anni e il gruppo più anziano che include donne tra i 37 e i 39 anni. Interventions: analisi dell’espressione genetica con microarray su 10 ovociti maturi (MII) delle pazienti giovani e 5 ovociti MII delle pazienti più anziane. Comparison: confronto a livello genico degli ovociti maturi delle donne con un’avanzata età riproduttiva con quelli delle giovani pazienti
5. Risultati:sono stati identificati 7470 geni negli ovociti in MII. Di questi ,342 geni presentano un livello differente di espressione genica tra i due gruppi di età. Questi geni sono coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare, allineamento dei cromosomi, separazione dei cromatidi fratelli, stress ossidativo e ubiquitinazione.
6. Conclusioni: c’è una sostanziale differenza tra gli ovociti più giovani e quelli più vecchi nel livello di espressione di geni coinvolti in centrali funzioni biologiche e questo protrebbe essere correlato alla diminuzione della fertilità all’avanzare dell’età.

Danno al DNA spermatico nella riproduzione assistita: significato clinico

Il caso: sebbene ci siano molte evidenze che associano il danno al DNA spermatico a bassi risultati delle tecniche di riproduzione assistita, i test non sono mai stati inseriti nella pratica clinica. Può essere usato il danno al DNA spermatico come marker di infertilità?
Lo studio: è uno studio longitudinale, in particolar modo è uno studio osservazionale di coorte, condotto in ambiente accademico e pubblicato su Human Reproduction.
Quesito dello studio: lo scopo di questo studio è di determinare l’utilità della frammentazione del DNA (DF), includendo anche le modificazioni delle basi (MD), modificazioni di singoli costituenti del DNA, per predire i risultati di trattamenti di riproduzione assistita.
Metodi: sono state effettuate n=230 fertilizzazioni in vitro (IVF), età media 37.2±0.3, e n=130 intracytoplasmic sperm injection (ICSI), età media 37.0±0.5. E’ stata calcolata la frammentazione del DNA spermatico, in presenza e in assenza del MD test aggiuntivo, nelle 360 coppie con una tecnica chiamata Comet assay. La quantità di DNA danneggiato è stata comparata al grado di fertilizzazione, al valore cumulativo degli embrioni, agli embrioni trasferiti, alla gravidanza clinica e alla perdita spontanea di gravidanza.
Risultati:in IVF la percentuale di fertilizzazione e il numero di embrioni diminuivano all’aumentare della DF e nelle coppie con fallimento di gravidanza clinica il DF era più alto. Quando viene aggiunto il test MD, il valore del danno totale al DNA era più alto. In ICSI la percentuale di fertilizzazione, il valore cumulativo degli embrioni o la gravidanza clinica non erano associati alla quantità di danno genetico, però includendo il test MB il danno al DNA era più grande nelle coppie che non avevano gravidanze cliniche.
Conclusioni: la frammentazione può predire il risultato di riproduzione assistita solo per IVF. In presenza anche di MB il test diventa più sensibile e si ha una correlazione negativa fra DF e gravidanza clinica sia per ICSI che per IVF.

giovedì 13 maggio 2010

Uomini con lesioni spinali presentano spermatozoi con danni funzionali che interferiscono con la loro capacità di legare l’ovocita.

Più del 90% degli uomini con lesioni al midollo spinale (SCI) è infertile ma si conoscono poco i motivi.
In letteratura è riportato che la maggior parte dei casi di infertilità negli uomini con SCI è associata ad anormali parametri seminali, quali bassa motilità spermatica e bassa vitalità.
In un lavoro pubblicato su Fertil Steril. valutano due importanti aspetti degli spermatozoi di uomini con SCI, la misura dell’attività dell’acrosina e quella del legame all’acido ialuronico (HA), e li confrontano con quelli di pazienti normali.

L’acrosina è un’enzima che viene rilasciato dall’acrosoma ed è coinvolto nella digestione della zona pellucida (ZP) che circonda l’ovocita.
Per quanto rigurda l’acido ialuronico, è il principale componente della matrice extracellualre che circonda le cellule del cumulo . L’interazione degli spermatozoi con l’acido ialuronico costituirebbe una selezione naturale per gli spermatozoi maturi durante il normale concepimento.

I pazienti con SCI analizzati, sono in condizioni generali di buona salute e hanno subito il danno spinale un anno prima dell’inizio dello studio. Il seme è stato ottenuto tramite stimolazione vibro-penile o elettrostimolazione.Oltre al seme dei pazienti SCI è stato utilizzato come controllo quello di uomini senza danni spinali, normozoospermici e privi di storia di infertilità. In questo caso il liquido seminale è stato ottenuto per masturabzione dopo 3-5 giorni di astinenza ed analizzato secondo i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Salute (WHO, 1999).

Per quanto riguarda la misura dell’attività dell’acrosina sono stati utilizzati 8 pazienti SCI e 10 controlli. È stato utilizzato un metodo fotometrico cioè è stata determiata l’acrosina totale presente negli spermatozoi in relazione all’attività di una quantità nota di proteasi.
Per valutare il legame a HA, invece, sono stati analizzati i campioni di 13 apzienti SCI e 13 controlli. Una goccia di liquido seminale è stata depositata su un vetrino ricoperto con HA e dopo 10 ‘ è stato saggiato il numero di spermatozoi motili legati e quelli dei non legati e calcolata la percentuale di spermatozoi motili legati a HA.

Dall’analisi dei risultati si osserva che la concentrazione spermatica nel controllo e nei SCI è simile, ma la motilità è significativamente inferiore nei pazienti SCI , dati concordi con quelli della letteratura . La quantità di acrosina è minore nei pazienti SCI rispetto al controllo come anche il legame all’ HA è più basso.

Questo studio indica che gli spermatozoi di uomini con SCI potrebbero avere danni funzionali che possono interferire con la loro capacità di legare l’ovocita. Il meccanismo che determina queste disfunzioni non è ben noto. Sono state ipotizzate due spiegazioni, una potrebbe essere l’alterata produzione e maturazione degli spermatozoi, l’altra una permanenza eccessiva del seme nel tratto riproduttivo maschile o a effetti tossici del plasma seminale sugli spermatozoi, entrambi potrebbero influenzare l’integrità della membrana acrosomiale.

Aumento del tasso di gravidanza con una nuova semplice metodica di transfer embrionario

1. Il caso: Si stima che circa il 30% degli insuccessi della Fecondazione Extracorporea siano da ricondurre ad una scarsa accuratezza nella tecnica del Transfer Embrionario (ET). Tra le principali cause di insuccesso, l’espulsione dall’utero dell’embrione subito dopo il transfer. La ricerca di metodiche maggiormente efficaci è di estrema attualità.
2. Lo studio: E’ uno studio randomizzato, condotto in ambiente accademico e pubblicato su Fertility and Sterility. Il lavoro mette a confronto la metodica classica di ET (controllo) ed una nuova metodica di ET in cui, dopo il trasferimento embrionario, vengono rilasciati 0,2 mL di aria nel catetere. Un totale di 110 coppie sono incluse nello studio.
3. Quesito dello studio: Lo studio si propone di valutare l’efficacia in termini di gravidanza di una nuova metodica di ET.
4. Metodi: patient(s): 110 coppie inserite in maniera casuale in due gruppi. Intervention(s): Stimolazione ovarica secondo protocollo “lungo”+ FSH ed LH. Comparison(s): ET standard (gruppo A) o ET standard+ rilascio di 0,2 mL di aria nel catetere (gruppo B). Outcome(s): sono stati confrontati i tassi di impianto e gravidanza clinica ottenuti nei due gruppi.
5. Risultati: il gruppo B ha un tasso di impianto e di gravidanza clinica statisticamente superiore al gruppo A (19,5% contro 7% e 40% contro 16,4% rispettivamente).
6. Conclusioni: Secondo questo studio il rilascio di 0,2 mL di aria nel catetere subito dopo il transfer embrionario sembra aumentare i tassi di impianto e gravidanza clinica. Gli autori suggerisco che questo successo sia da attribuire ad una pressione positiva esercitata dall’aria che impedirebbe l’espulsione dell’embrione dall’utero. Questa metodica, se confermata efficace da ulteriori studi, è semplice, non invasiva e facilmente riproducibile nei laboratori di Fecondazione Assistita.

Cancro al seno e mantenimento della fertilità: strategia

La preservazione della fertilità è l’interesse principale per pazienti che devono essere sottoposte a chemioterapia o a radioterapia pelvica per cancro.
In situazioni in cui le pazienti hanno il tempo di sottoporsi a stimolazione ovarica, la massimizzazione del numero di ovociti recuperati o di embrioni crioconservati è importante dal momento che queste pazienti non hanno una chance per una seconda stimolazione. In cicli di fertilizzazione in vitro (IVF) circa il 12-20% degli ovociti recuperati sono immaturi e normalmente non vengono usati.

In un lavoro pubblicato su una buona rivista di medicina della riproduzione, RBMonline, viene determinato se una maturazione in vitro (IVM) di ovociti prelevati aumenta il rendimento degli ovociti o degli embrioni in un ciclo di IVF effettuato per preservare la fertilità in pazienti con cancro al seno.

Sono state reclutate 32 pazienti (età media 34.7±0.7) che sono state sottoposte a IVF prima di chemioterapia. I criteri di ammissione sono stati: presenza di entrambe le ovaie, cicli mestruali regolari e normali livelli basali di FSH, LH ed estradiolo.

Dei 464 ovociti recuperati, 274 erano maturi e 174 erano immaturi, i rimanenti erano degenerati. Tutti gli ovociti immaturi sono stati messi in un mezzo per la IVM e il 72% di questi sono risultati maturati. Di tutti gli ovociti maturi sottoposti a iniezione spermatica intracitoplasmatica (ICSI) il 73% risulta fertilizzato, mentre di tutti gli oociti maturati in vitro è risultato fertilizzato l’86%.

Questo lavoro dimostra che gli ovociti immaturi ottenuti durante cicli di crioconservazione non devono essere buttati e che l’IVM è un utile strategia per migliorare il recupero degli ovociti maturi per preservare la fertilità di pazienti malati di cancro che si sottopongono a terapia chemioterapica.

Variabilità intrapersonale del liquido seminale in uomini subfertili

1. Il caso: La variabilità dei parametri del liquido seminale di un individuo è un fenomeno conosciuto; tuttavia la maggior parte degli studi include uomini sani, mentre sono ancora scarse le indagini sulla variabilità del liquido seminale di uomini infertili. Questa informazione è di grande importanza per i laboratori di Fecondazione Assistita per poter definire con chiarezza il valore informativo che la richiesta di una seconda o terza indagine sul liquido seminale ha per la gestione della coppia infertile.
2. Lo studio: E’ uno studio retrospettivo, condotto in due Università olandesi e pubblicato sulla rivista Fertility and Sterility. Il lavoro calcola il coefficiente di variazione per 5 parametri seminali tra due raccolte di liquido seminale di uno stesso paziente. Un totale di 5240 uomini subfertili sono inclusi nello studio. È lo studio con più alta casistica sull’argomento ed è condotto da un gruppo con elevata produzione scientifica.
3. Quesito dello studio: Lo studio si propone di determinare il grado di variabilità intrapersonale del liquido seminale di uomini subfertili, in modo da definire con chiarezza la necessità o meno di richiedere una ripetizione dello spermiogramma in coppie infertili.
4. Metodi: Patient(s): 5240 uomini subfertili sottoposti a due analisi del liquido seminale. Intervention(s): Analisi del liquido seminale secondo il WHO. Comparison(s): il volume, la concentrazione, la motilità (A+B), la morfologia e il numero totale di spermatozoi motili (TMC) delle due analisi di liquido seminale di ogni paziente sono stati confrontati. Outcome(s): il grado di variabilità dei parametri sotto studio di uno stesso individuo.
5. Risultati: a) Esiste una alta variabilità che va dal 28% al 34% a seconda del parametro sotto indagine.
b) Tutti i parametri seminali indagati tranne la morfologia sono influenzati significativamente dalla durata di astinenza.
6. Conclusioni: Dallo studio emerge una alta variabilità intrapersonale dei principali parametri del liquido seminale nei pazienti subfertili. Questa variabilità risulta legata ad alterazioni intrapersonali per tutti i parametri tranne che per la concentrazione, la cui valutazione anche su un singolo campione di liquido seminale offre buona affidabilità. Per quanto riguarda invece morfologia, motilità e volume, una singola valutazione del liquido seminale di un uomo infertile non risulta affidabile. Se da un lato questi risultati ci spingono alla richiesta di almeno due indagini sul liquido seminale per paziente, dall’altro non ci offrono alcuna informazione circa le deduzioni cliniche che devono derivare dall’osservazione di due spermiogrammi con alta variabilità tra i valori.

giovedì 6 maggio 2010

La maturazione in vitro di ovociti umani è influenzata dal mezzo di coltura

La maturazione in vitro di ovociti umani può essere deleteria per la formazione del fuso meiotico e per l’allineamento dei cromosomi e può essere profondamente influenzata dalle condizioni di coltura.
In uno studio pubblicato su Reprod Biomed Online.è stata confrontata la presenza del fuso meiotico e la percentuale di maturazione di ovociti immaturi (stadio di vescicola germinale) coltivati in due mezzi di coltura diversi, perché uno supplementato con FSH, hCG e beta-estradiolo.
Un aumento significativo della percentuale di maturazione (69.7%) è stato osservato dopo 24h nel mezzo con aggiunte rispetto al mezzo semplice (56%).
Le proporzioni di ovociti maturi (metafase II) con presenza di fuso meiotico e anomala morfologia del fuso sono simili nei due mezzi.
L’aggiunta di ormoni ai mezzi di coltura potrebbe aumentare la percentuale di maturazione in vitro ma non necessariamente indicare la presenza di fuso meiotico normale e corretto allineamento dei cromosomi.

martedì 4 maggio 2010

Qual è il miglior protocollo di sincronizzazione dell'ovulazione con l'inseminazione intrauterina?

Alla base dell'inseminazione intrauterina (IUI) risiede la sincronizzazione dell'ovulazione femminile con l'arrivo nelle tube degli spermatozoi.

Sulla rivista Cochrane Database of Systematic Reviews è stato appena pubblicato uno studio con lo scopo di valutare l'efficacia di diversi metodi di sincronizzazione dell'ovulazione con la IUI su ciclo naturale o stimolato.

Lo studio ha paragonato diversi approcci per valutare quale ha i migliori tassi di gravidanza e di nati vivi:

a) somministrazione di hCG urinario;
b) somministrazione di hCG ricombinante;
c) dosaggio sierico o urinario di LH;
d) somministrazione di agonista del GnRH;
e) IUI dopo 32-34 ore dall'hCG;
f) IUI dopo 38-40 ore dall'hCG.

Nessun approccio si è rivelato superiore agli altri
.

Primo caso di gravidanza spontanea dopo autotrapianto di tessuto ovarico in una paziente con anemia falciforme

Le donne che si devono sottoporre a cure con radio o chemioterapici per patologie neoplastiche o altre condizioni, come il trapianto di midollo osseo, rischiano una compomissione permanente della loro attività ovarica.

Recenti approcci per preservare la fertilità femminile comprendono la crioconservazione di porzioni ovariche prima dell'inizio dei trattamenti radio o chemioterapici. Tali porzioni vengono poi reimpiantate nella donna alla fine del trattamento farmacologico.

In un articolo pubblicato sulla rivista Fertility and Sterility viene descritto il primo caso di gravidanza ottenuta spontaneamente in una paziente con anemia falciforme sottoposta in precedenza a terapie tossiche per le ovaie.

Il risultato dimostra che la metodica di crioconservazione del tessuto ovarico può preservare la fertilità naturale di una donna altrimenti destinata a sterilità iatrogena ed apre nuove prospettive anche per le condizioni non neoplastiche in cui la fertilità può ugualmente essere compromessa.

lunedì 3 maggio 2010

Predittori di risposta ovarica e nati vivi: inibina-B e conta follicolare

Possono essere utili predittori di risposta ovarica e di nati vivi la misura dell’ormone inibina-B, al quinto giorno di stimolazione, e la conta dei follicoli antrali basale (AFC) in un ciclo di riproduzione assistita?
In un lavoro pubblicato recentemente su Fertility and Sterility, 98 donne infertili, in preparazione per un ciclo di fertilizzazione in vitro mediante iniezione intracitoplasmatica (IVF-ICSI), sono state sottoposte a stimolazione ovarica con gonadotropine precedute da soppressione ipofisaria (protocollo lungo di stimolazione).
Gli autori mostrano che AFC basale e la concentrazione sierica di inibina-B al 5° giorno hanno simili effetti nel predire la risposta ovarica in cicli di riproduzione assistita , ma l’inibina-B risulta essere il miglior parametro predittivo di nati vivi.

domenica 2 maggio 2010

Effetto dell’endometriosi sull’espressione proteica nel fluido follicolare

L’endometriosi si verifica in circa il 10% di donne nell’età riproduttiva e con continui studi clinici si sta cercando di individuarne i fattori che determinano una sua associazione con l’infertilità.
In questo lavoro pubblicato su Hum Reprod. sono state valutate l’espressione e la quantità di proteine presenti in campioni di fluido follicolare (FF) di donne con endometriosi e donne in gravidanza senza endometriosi.
Le donne sono state sottoposte a una stimolazione ovarica controllata per la fecondazione in vitro e il FF è stato recuperato attraverso aspirazione ovarica eco -guidata.
Dall’analisi proteica sono state identificate circa 416 proteine, 62 delle quali sono espresse in modo differente nei due gruppi di donne.
Queste proteine potrebbero essere correlate alla fisiopatologia dell’endometriosi ed essere usate per determinare potenziali biomarkers nella diagnosi e nella terapia dell’infertilità in donne con endometriosi.